IL CANTICO DEL BLA BLA

21 settembre 2016

sxxx1Nel lontano 1970 un mio amico mi regalò un apparecchio ricetrasmittente, un residuato di guerra made in USA, operante sulla Banda dei 27 Megahertz da tempo abbandonata dai Militari americani a causa dell’estrema instabilità dei collegamenti a lunga distanza, tipica di quella frequenza molto sensibile all’andamento irregolare delle “macchie solari” soprattutto a quei tempi.

Sì, perché la propagazione delle onde Hertziane attraverso l’Etere (quelle che consentono di comunicare a distanza senza “filo”) è condizionata da questo fenomeno naturale.

Già a quei tempi l’idea di poter utilizzare un apparecchio dalle prerogative simili a quelle di un telefono ma senza fili, appunto, era troppo invitante e così nel giro di qualche anno, anche se l’utilizzo di quella frequenza era vietato dalla Normativa Nazionale, un discreto numero di persone che si era attrezzata con quelle apparecchiature e con altre che il mercato giapponese aveva iniziato a sfornare, aveva iniziato a comunicare scambiandosi liberamente via etere ed entro distanze non eccessive, saluti, notizie ma perlopiù fesserie, giusto per il gusto di aprir bocca e di poter sempre trovare qualcun disposto a rispondere alle sue chiamate, e poi, parlare dentro ad un microfono, soprattutto mentre gli altri ti guardavano e non capivano, queste persone potevano anche pensare che tu fossi uno 007 … e ciò faceva sentire molto importanti.

E anche se la cosa non piaceva agli incaricati dallo Stato (Escopost) di tener pulite quelle frequenze il cui utilizzo tra l’altro creava pesanti interferenze sulle emissioni dei programmi Tv e Radiofonici, questa moda prese piede velocemente e ci fu persino chi colse l’occasione per gestire il problema politicamente promettendo in scambio di voti la liberalizzazione dell’utilizzo di quella che poi venne denominata CB, abbreviazione di Citizen Band.

Confesso di esser stato uno dei primi utilizzatori di quelle radio, ma dopo poco tempo, stanco della nullità di quel che mi veniva dalla maggioranza delle persone con cui facevo “collegamenti”, feci il grande passo, e studiai persino l’Alfabeto Morse allora indispensabile per dare gli esami richiesti e quindi diventare Italia2 cioè radioamatore in possesso del legale diritto di esercizio di una stazione radio ricetrasmittente autorizzata dallo Stato.

Ma dato che sostenere quegli esami non era cosa per tutti i cervelli oltre che rappresentare più che un impegno per un qualcosa che doveva essere solo un gioco, un ostacolo sgradito per tutti coloro che non amano le “regole” e tutto deve essere lecito sinché uno casualmente non calpesta la terra del suo orticello, iniziò una lenta invasione di campo (di frequenze radioamatoriali legalmente assegnate in Italia e nel Mondo intero) da parte di quelli che erano rimasti in CB mentre, a livello di fenomeno sociale incontrollato, cresceva a dismisura la moltitudine di abusivi che acquistavano e poi utilizzavano tranquillamente (spesso creando pesanti interferenze) apparecchiature ricetrasmittenti che non avrebbero potuto nemmeno detenere “per bellezza” e l’etere, sempre più affollato, iniziò a venire inquinato irreparabilmente da ogni tipo di abuso e segnali di disturbo stupidi e inutili, buoni solo per creare disordine oltre che per il famoso: … Maria butta la pasta che sto arrivando …

Ma la tecnologia avanzava a passi da gigante e sollecitata da un Mercato che aveva individuato un nuovo business di dimensioni internazionali, così comparvero i primi veri telefoni portatili sino ad arrivare a quelle meraviglie della tecnologia odierna che si possono acquistare liberamente in ogni negozio specializzato e senza alcun limite tranne che pagando a caro prezzo apparecchietto e canone cosicché la CB venne praticamente abbandonata dalle masse logorroiche in carenza di parole e di idee e tanto bisogno di non “sentirsi fuori dal branco” nonchè con tanta voglia di parlare anche a vanvera, ripetendo all’infinito le medesime cose, ridere anonimamente per ogni tipo di fesseria e in compagnia di chiunque, bastava far “andare la voce” e il cervello spesso poteva anche aspettare sino a quando poi non si è imparato addirittura a commettere abusi e scorrettezze sempre nascondi dietro a un dito, cioè nell’anonimato consentito da Social Naetwork e Internet in genere.

I telefoni portatili erano poi un ottimo sistema per tenere sotto controllo a distanza i propri figli (almeno così la pensano ancora certi genitori che invece oggi gli hanno messo in mano delle armi vere e proprie, diventate tali almeno da quando qualsiasi smartphone può andare liberamente in Rete).

Il numero degli utenti del parla/ascolta a distanza oggi è aumentato a dismisura a livello mondiale mentre l’utilizzo che viene quotidianamente fatto di quei gioielli tecnologici certe volte fa pensare a delle scimmie con in mano una lampadina accesa o una collana di perline variopinte che però, almeno loro non hanno l’esigenza di parlare con qualcuno ogni minuto che passa anche raccontandogli sempre le stesse cose per lo più insignificanti.

Si guida col telefonino in mano, si cammina col telefonino in mano, si va al lavoro, persino i più piccoli mentre vanno a scuola, col telefonino in mano.

E magari anche mentre si sta facendo sesso e mentre si parla col corrispondente mantenendo un aplomb degno di un capitano d’industria durante un consiglio di amministrazione, tento nessuno vede quel che si sta facendo … e non aggiungo di proposito altri particolari …

Negli attimi di pausa o lo si usa per ascoltare musica con gli auricolari, o come passatempo facendo girare uno dei soliti giochetti elettronici scemi, ma l’aspetto più patologico di un certo tipo di utilizzo è quello di leggere e rileggere all’infinito precedenti scambi di messaggi rimasti memorizzati come se già non li si conoscesse a memoria.

Tipo “diario” di una volta …

Oppure il cercare disperatamente su quel piccolo schermo notizie e immagini che chiamarle gossip è pura gentilezza considerando da che letamai provengono.

Quante incertezze, quanta solitudine, quante ipocrisie … quando quel telefono non serve per trasmettere notizie importanti o usato come serio strumento di lavoro.

Chi non usa il telefono è fuori dal “branco” perchè non può comunicare ogni 3 minuti il nulla di cui è stato protagonista, non può fotografare controllando in tempo reale il risultato dei suoi click, nemmeno quelli più patetici dei selphy con cui ritenersi protagonista della vita anche quando non si sa nemmeno come friggere un uovo …

Comunicare, comunicare … ma ne siamo proprio sicuri che si tratta di comunicare?

O piuttosto di aver riscontro sul fatto che c’è dall’altra parte qualcuno che è sempre pronto a risponderci e che così non siamo soli?

Già, anche se nella vita quotidiana manco si rivolge la parola al vicino di casa, a quello di pianerottolo, a qualcuno con cui veramente fare dei confronti, con cui esser gentili e umanamente disponibili …

Giusto così: il confronto cosciente è come la lebbra, guai a farsi venire certe voglie, tanto poi, per sfogarsi c’è sempre la partita di pallone alla domenica dove si può urlare, insultare, pestare il primo che ti passa accanto, e via di questo passo.

Ma sempre col telefonino in mano, sì in mano, ora non lo si tiene più in tasca, troppo lontano, se manca quel contatto dove finiranno mai le nostre sicurezze?

Io credo che il primo che inventa una custodia impermeabile per quando si va in piscina, farà un mucchio di soldi … ma no, dimenticavo, hanno già inventato il telefono che funziona anche sott’acqua.

Vorrà dire che la prossima invenzione dovrà essere quella di un paio di branchie portatili per respirare come i pesci mentre si telefona magari a sé stessi, tipo masturbazione.

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E’ un Post lungo, vi avviso, vedete voi  se andare avanti …

Una vita fa, avevo sette od otto anni, i miei genitori erano riusciti a portarmi in estate in montagna anche se eravamo nell’immediato dopoguerra e parlare di benessere o di ferie estive era un po’ come oggi parlare di una gita su Marte.

Eppure papà era riuscito a trovare una stanzetta in affitto per un mese, a S.Vigilio di Marebbe in Trentino, nella casa di famiglia di una sua paziente di Milano e i parenti della donna ci avrebbero ospitati per quel periodo, soprattutto me e mamma, mentre papà, legato dagli impegni professionali della Clinica Pediatrica in cui ricopriva un ruolo importante, sarebbe venuto a trovarci solo nei fine settimana.

Ero tutto un fremito di emozioni, una novità per me assoluta, ma, appena arrivati, c’erano subito state baruffe coi bimbi del luogo miei coetanei, i quali però decisero di accettarmi nel loro gruppetto (ero pur sempre il “figlio del Dottore”) se mi fossi sottoposto, senza che i nostri genitori ne sapessero nulla, ad una specie di “prova” che si sarebbe poi rivelata consistere nel condurmi in gran segreto in una stalla a due piani in cui c’era una specie di lungo scivolo di legno inclinato (senza scalini) che serviva a portare al piano superiore, nel sottotetto, il fieno per il cavallo le mucche ivi ricoverate al pian terreno.

Una volta salito sulla cima di quel tavolaccio che aveva una discreta pendenza, se volevo far vedere che ero degno di entrare nella loro banda, dovevo rotolarmi giù per quella specie di passerella, una capriola dopo l’altra e senza fermarmi, sino a che non fossi arrivato a terra.

La pendenza incuteva timore mentre la piccola folla dei villici in braghette corte di cuoio vociava non proprio delicatamente verso di me, il “villaneggiante”, e, che schifo, poi sullo scivolo c’erano residui di paglia mista a letame … insomma, per un cittadino come me, il “figlio del Dottore” … una prova non proprio facile.

Con la forza dell’orgoglio e con l’incoscienza dell’età ma con un pizzico di cervello, feci qualche veloce valutazione e poi dopo un attimo di esitazione mi misi a rotolare, una capriola dietro l’altra, sinché arrivai a terra fermandomi giusto giusto su di una bella torta di letame di mucca fra l’ilarità generale.

Da parte di tutta la banda ci fu on’ovazione liberatoria, anche perché proprio non so quanti di loro avrebbero avuto il coraggio di fare la stessa cosa, comunque la prova era superata ed io mostrando il mio coraggio, avevo trovato nuovi amici e nuovi complici per le piccole scorribande che ci aspettavano per un mese intero.

Altra storiella: anno 2012, ultimi spostamenti in calendario delle mie uscite in moto, una potente BMW 1150 GS ed anche ultimo “volo”, questa volta causato da un furgone che mi aveva stretto ed agganciato, mentre tentavo un normale sorpasso sotto alla pioggerellina autunnale, schiacciandomi al contempo contro il divisorio in cemento di una superstrada, i famosi New Jersey.

230 Kg. di moto che prendevano il volo saltando di corsia mentre io iniziavo a rotolare per una cinquantina di metri finendo per fermarmi proprio sotto al furgone che nel frattempo, sbandando, si era fermato rumorosamente contro allo spartitraffico …

Tutte le auto che sopraggiungendo si fermavano … oddio, è morto … tiratelo fuori … no, lasciatelo sotto sino a che non arriva l’ambulanza … forse è ancora vivo … Dio, che volo, poveretto … ma c’è del sangue? … etc.

Nel frattempo io nel casino generale, zitto zitto cacchio cacchio, chiaramente un po’ acciaccato, anche se “quasi come sempre” perfettamente incolume, strisciavo fuori da sotto al furgone incredibilmente senza che nessuno se ne accorgesse e mi mischiavo alla piccola folla che si era formata e che sembrava preoccupata più della moto semidistrutta che di me, e chiedevo … ma chi è il guidatore del furgone che devo … chiedergli una cosa …?

Quando l’ho finalmente individuato gli ho sfasciato il mio casco in testa e non mi sembra di aver ricevuto ancora alcuna denuncia per aggressione con arma impropria (l’ambulanza ha portato poi via lui, per commozione cerebrale, non me).

Una mia vecchia amica di Sasso Marconi mi dice sempre … Pierino non si smentisce mai …

Grazie al cielo, danni alla moto, in realtà quasi zero, gran moto la BMW …

Anni ’80, nasce in me una nuova passione, il Radiantismo.

Le trasmissioni a distanza via etere mi affascinano, i telefonini non sono ancora nati, al massimo gira qualche residuato bellico statunitense operante sui 27 Mhz, poi chiamato CB …

Ma io sto cercando ben altro e mi metto a studiare Elettrotecnica ed affini e passo il primo esame d’obbligo ma non mi basta perché mi affascina l’idea di potermi collegare via radio con l’altra faccia della Terra e per far questo bisogna dare un altro esame, quello detto di CW per venire abilitato dal Ministero PPTT per operare in Onde Corte con apparecchiature e relativi impianti d’antenna molto potenti.

Condizione essenziale: devo imparare il Codice Morse, devo essere in grado di trasmettere e ricevere messaggi codificati nei suoi segnali acustici brevi e meno brevi, una specie di forca caudina perché già è possibile fare collegamenti in telescrivente per superare enormi distanze e il CW lo usano solo i radioamatori più tradizionalisti.

Un inferno, io imparo a memoria perfettamente i codici di tutte le lettere dell’alfabeto, ma quando si tratta non tanto di trasmettere perché in quel caso puoi andar piano e il tempo lo gestisci tu richiamando dalla memoria tutte le sequenze necessarie di “linee e punti”, ma di decodificare messaggi in arrivo … il buio totale ed un senso di impotenza come quando un bergamasco cerca di capire quel che gli sta dicendo un Sardo che sta esprimendosi nella sua “lingua” isolana.

Gli esami sono alle porte, mancano poco più di trenta giorni ed io dopo sei mesi che mi arrabatto con le orecchie incollate al ricevitore in onde corte sto per perdere la fiducia nelle mie capacità, perché Il problema primario consiste nel decodificare i segnali in arrivo che vengono inviati da “radioamatori di annata” che i messaggi in CW te li sparano a ritmo velocissimo.

Un giorno, sul lavoro, durante una pausa, mi trovo a parlare con un noto Primario Ostetrico (ormai defunto) che scopro essere anche vecchio radioamatore e gli confido il problema che mi sta angustiando ormai da mesi, la comprensione del Codice Morse in ricezione.

Ed ecco avvenire il miracolo: il medico mi invita a visitare la sua stazione radio ed io, curioso come una scimmia, accetto di buon grado.

La sera seguente mi rivedo col dottore e con mia grande sorpresa lui tira fuori il “tasto” per il morse ed inizia a cadenzare in sequenza due lettere, C e Q, codici internazionali di chiamata, una, dieci, cento volte chiedendomi se mi è sempre tutto chiaro e comprensibile.

Certo, lento sì, fesso no, .

Ma lui insiste sempre con la stesse lettere ed ogni tanto mi chiede …capisci? … io sto per spazientirmi quando ad un certo punto inizio a capire “veramente”: le mie orecchie ora non sentono più dei punti e delle linee perché quelle sequenze sono diventate una “musica” e io non devo più contare punti e linee per riconoscere le lettere corrispondenti …

Il giorno seguente, a casa, accendo il tasto ed inizio a registrare,, ripetute all’infinito prima una lettera, poi un’altra, poi un’altra … tutto l’alfabeto e poi inizio subito ad ascoltare queste registrazioni.

E’ fatta, ho imparato la ”musica”, quelle sequenze di suoni sono diventate musica e riesco finalmente a tradurre i messaggi in Morse con sempre maggior facilità … è il mio istinto a riconoscerli, non devo più ragionare o fare i conti della serva con punti e linee … è un po’ come aver imparato ad andare in bicicletta e non dover più prestare attenzione per non perdere l’equilibrio ma solo alla strada che si sta percorrendo …

… Un altro breve salto nel passato, ho da poco compiuto ventiquattro anni e frequento un Maestro di Arti Marziali a cui non interessa gestire un Dojo (svolge una Professione affascinante che assorbe totalmente il suo tempo) e di cui ho fatto casualmente conoscenza in una situazione di grande pericolo che coinvolgeva un intero gruppo di persone.

Costui, forse colpito da come mi ero comportato, mi ha poi chiesto con discrezione se non volessi imparare regole e tecniche della sua disciplina ancor poco nota da queste parti dell’Occidente: come in un film, vero? ma è la pura verità.

Lui era determinato nel suo intento, anche se per quanto impegno io ci mettessi, i primi tempi non riuscivo che ad apprendere qualche tecnica semplice dal punto di vista esecutivo e le cose non andavano troppo bene perché apparentemente imparavo tutto ma a distanza di qualche giorno lo dimenticavo, confondevo gli insegnamenti ed il mio corpo, impacciato, non riusciva a realizzare quel che mi era pur chiaro nella mente a livello di pura memoria.

Sino alla sera in cui quel Grande pensò di cambiare sistema ed iniziò con l’insegnarmi una tecnica totalmente difensiva fatta di pochissimi movimenti con i quali, come in un passo di danza, il mio corpo doveva seguire in perfetta sintonia i movimenti della sua aggressione, persino facilitandola nello slancio per poi, quando il colpo “giungeva a fine corsa” mentre lo schivavo praticamente evitando ogni contatto corporeo pur rimanendo sempre fisicamente vicinissimo, io dovevo aiutarlo a proseguire nella sua traiettoria sino alla sua totale perdita di equilibrio che lo vedeva rovinare inevitabilmente a terra, una filosofia comportamentale “invincibile”, come poi avrei ben imparato e che avrei fatto per sempre mia.

Come sempre, in breve avevo imparato la teoria della meccanica di quei nuovi movimenti da effettuare, ma quella sera il Maestro fece una cosa diversa: andò a spegnere la luce del grande ambiente adibito a Tatami privato nel suo immenso Studio professionale in cui ci trovavamo, lasciando trapelare un po’ di luminosità dal fondo di un corridoio adiacente.

E subito iniziammo a ripetere quella tecnica praticamente al buio e continuammo a ripeterla per tutta la sera sino alla noia anche se io non ne capivo il motivo perché quel comportamento era per me una cosa ormai chiara e si sarebbe potuti passare ad altro … ma solo per me.

Avevamo iniziato verso le dieci di sera ed andammo avanti così per un’oretta, sinché il Maestro mi disse … bene arrivederci tra due giorni.

E due giorni dopo, come se avesse ancora cambiato metodo di insegnamento si mise a spiegarmi il senso di alcuni movimenti di “chiave” che potevano mettere in difficoltà l’eventuale avversario.

Eravamo chiaramente in piedi l’uno di fronte all’altro quando senza dare il minimo preavviso, partì con un colpo secco e violento verso di me, come qualche sera prima, ma non si trattava di una prova tecnica come avevamo fatto allora.

Io non so ancora cosa in effetti è successo ma ho visto il Maestro era volare per terra senza essere nemmeno riuscito a sfiorarmi e mentre con una elegante capriola si rialzava sorridendo, mi disse: … hai capito?…

Sì avevo capito, il mio istinto su cui era stata scritta corretta una nuova info, aveva lavorato col mio corpo intervenendo prima della mia ragione.

Ma adesso parliamo seriamente, il succo di questi raccontini, apparentemente slegati fra di loro, vi può invece insegnare parecchio sulle capacità del cervello umano.

Però questo ve lo racconto nella prossima puntata del Blog.

SCHIAVI DEI CELLULARI

11 novembre 2013

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Credete che esageri nei termini?

Parliamone.

Ieri ero a Milano, Metrò, corso Buenos Aires, San Babila, Corso Vittorio Emanuele verso Piazza Duomo, e poi ancora il Metrò …

Ovunque gente che si muoveva indaffarata, come anonime formiche operose …

E nel casino generale, con tutto quello che già non funziona ad ogni livello, il 90% dei giovani (ma non solo loro, le immagini di tanti politici sempre attaccati ad un telefonino per strada, in auto, al cesso … sono una conferma, un facile esempio) col telefonino in mano e gli auricolari incollati ai timpani, tutti penosamente soli anche se in compagnia, e tutti uguali, come quelli che ai miei tempi indossavano il Loden verde allora simbolo trendy.

A riunione terminata, erano ormai le due di notte, tragitto all’inverso e attorno a me sempre tanta gente in movimento, tanto che sembravano le 17,00 del pomeriggio e sempre almeno il 90% dei giovani incrociati, col telefonino in mano e gli auricolari incollati ai timpani.

Oggi, domenica, ero qui in paese, ormai le campane avevano dato i rintocchi del mezzogiorno, eppure fra le poche persone che ancora si affrettavano per raggiungere casa per il pasto quotidiano, sempre almeno il 90% dei giovani in frettoloso rientro, col telefonino in mano e gli auricolari incollati ai timpani.

Anche questa sera, era ormai buio, si sa, l’Inverno è alle porte e la luce del sole scarseggia, stavo tornando a casa dopo una visita a degli amici e lungo il viale alberato della circonvallazione, decisamente poco illuminato, ho intravisto due giovin fanciulle che camminavano e che nella penombra stranamente avevano il volto illuminato.

Certo, stavano masturbando gli schermi touch screen dei relativi telefonini.

Milioni di telefonate ed SMS inutili.

Quando tanti anni fa gestivo in nome dello Stato la mia stazione di radioamatore con il nominativo ministeriale di I2 KWN, soprattutto nei momenti di scarsa “propagazione”, ossia quando i collegamenti intercontinentali non erano possibili data la scarsa attività delle macchie solari, non disdegnavo di andare ad ascoltare le conversazioni, spesso ridicole e sempre molto prive di contenuti dei famosi CB.

A parte i grotteschi convenevoli di rito, sempre le stesse parole, le stesse storie, anche le stesse litigate, in un casino e con un disordine generale indescrivibili e sempre tutti che parlavano per conto loro,  anche gli uni sugli altri, come nei talk show con i politici, l’importante era parlare, non ascoltare.

In definitiva una serie infinita di collegamenti radio in cui il succo del discorso era più fumoso di una antica nebbia della bassa padana, di quelle impenetrabili, e a parte gli intrallazzi radio sessuali di qualche furbetto che ci stava provando in quella nuova edizione di caravanserraglio, il contenuto dei discorsi era molto al di sotto dello zero: in poche parole non importava a nessuno trasmettere la benché minima notizia, ciò che contava era mettersi a parlare anche senza stabilire un rapporto … asettico col primo che capitava … per parlare, parlare, parlare … ma più che altro a sé stessi … giusto per esser sicuri di essere ancora vivi … per sfogarsi (di che, con chi?) e nulla più.

Come quelli incapaci di muoversi senza il GPS.

Oggi i telefonini hanno sostituito la CB.

Se un giovane non riceve un SMS almeno ogni quarto d’ora cade in depressione e si angoscia perché si sente abbandonato dai bipedi dall’amato branco …

Alla faccia delle priorità sociali e psichiche.

Come se senza un telefonino non si potesse comunicare col prossimo.

Come se questo prossimo fosse veramente così prossimo.

E poi, una volta faccia a faccia con lui, tutti muti perché solo col telefonino il gioco è interessante ed in effetti di cose da dire, soprattutto nuove ce ne è sempre di meno.

Anche il vecchio e famoso  “Maria butta la pasta” del marito che avvisava “via baracchino” la moglie del suo imminente rientro a casa per la pausa pasto, annunciato attraverso l’Etere quando i telefonini non esistevano ancora, non ha più senso, perché ormai o sono tutti in dieta, o la moglie mangia da una parte e il marito dall’altra, oppure si esce la mattina presto per andare a lavorare, si condivide una giornata faccia a faccia e culo a culo con mille estranei e poi si torna a casa mentalmente esauriti dopo il lavoro senza aver più nulla da dire se non, qualche volta, per litigare su punti di vista differenti e scoprirsi prima o poi nemici per sempre.

Alla faccia della comunicazione.

Per moltissimi giovani il telefonino è diventato il tramite sicuro e comodo per bypassare qualsiasi rapporto col la pallosa famiglia di origine, per sentirsi liberi, importanti, autonomi, amati anche se dal primo cane conosciuto sui social network.

Amico, amica, amico …

Quanto casino in quelle teste.

Mi sembra di ascoltare ancora certi discorsi CB.

Che pena, che squallore, quante finte presunzioni di libertà, quante valvole di sfogo intoppate e ostruite nel vuoto pneumatico dell’egoismo meglio coltivato, quanti cervelli in cacca.

Sì, quanti cervelli in cacca.

Grazie a Dio, però, la Gioventù moderna non è solo questa qui, anche se molti dubbi paiono leciti vista la quantità di zombie che si vedono a tutte le ore della notte aggirarsi nei quartieri della Movida delle grandi Città, magari tutti fermi in piedi, o seduti per terra, l’uno contro l’altro come grappoli di cozze umane in un allevamento intensivo a Chioggia, nelle valli del Delta Padano.

   Vi siete mai chiesti per quale motivo l’uso dei telefonini e di tutto ciò che consente di comunicare a distanza con facilità ha così preso piede negli ultimi anni?

   Secondo voi è così essenziale il famoso messaggio: … sto arrivando, Maria, butta la pasta ….  oppure, … amore ti amo tanto e ti amerò per sempre … tanti, tanti cari auguri di Buon Natale … ripetuto all’infinito con un bel Copia, Incolla e Send (spedisci)?

   Va bé che viviamo nell’Era di Amici, di C’è posta per te e di Maria De Filippi, e che se uno non piange davanti ad una telecamera che lo sta riprendendo in diretta pare che nessun sentimento possa esser esternato con altrettanta efficacia, ma non vi sembra che certe “manovre a spinta” stiano soffocando un po’ troppo tante realtà quotidiane che meriterebbero maggior discrezione e meno “sparate”?

   Secondo me chi usa ed abusa del telefonino anche solo  per raccontare che il bimbo (o lui/lei) ha appena fatto la cacca è solo da mandare urgentemente in analisi.

   E a proposito di comunicazioni a distanza, quando 40anni fa ho ceduto al fascino della possibilità di parlare via etere con altri radioamatori sparsi per tutto il mondo, le motivazioni che mi spingevano erano più di tipo tecnologico che sociale, sociale nel senso del chiacchiericcio più o meno salottiero tra due o più persone, infatti chi ha assistito ad un QSO, un collegamento fra radioamatori veri, avrà assistito più che altro ad uno scambio di notizie tecniche per comunicare la tipologia dei mezzi tecnologici che stava utilizzando ed a quello delle identificazioni personali dei relativi nominativi ministeriali (il mio è I2 KWN) da registrare ufficialmente a conferma del contatto avvenuto anche a migliaia di chilometri di distanza.

   Pur se gli intenti tecnici dell’attività Radioamatoriale erano questi, col tempo, con la libera diffusione di apparecchietti ricetrasmittenti in ambito pressoché locale, la famosa Citizen Band, la CB, molti hanno iniziato a gradire la possibilità di comunicare liberamente con altri a largo raggio e da ogni luogo in cui si fossero trovati, cosa che il vecchio telefono non consentiva.

   Lasciando perdere tutti gli usi impropri che ne venivano fatti, impropri abusati e talvolta anche veramente illegali.

   Ma di fatto, con la scusa di poter stabilire dei collegamenti anche non stando comodamente seduti a casa propria davanti ad una regolare stazione radio, ma proprio mentre ci si sta spostando in auto o quando ci si trova in situazioni locali dove le linee telefoniche a filo non giungono, e non certo per una questione di “risparmio” pecuniario nei confronti dei Telefoni di Stato, si è creata prima un’abitudine e poi una vera e propria necessità di mantener vivo a distanza una specie di cordone ombelicale senza soluzione di continuità con le persone con cui si vuole poter rimanere in contatto a prescindere dalle distanze intercorrenti.

   Così si è giunti anche a certe forme di stress quotidiano vero e proprio, in cui moltissime comunicazioni perfettamente superflue, nel senso che non servono alla trasmissione di notizie essenziali ed irrimandabili ma solo a far andar la bocca e le corde vocali, trovano oggi nell’uso dei telefonini il loro massimo utilizzo, cosa che genera un continuo stillicidio di denaro a favore dei Gestori di Linee Telefoniche che hanno occupato il mercato in un panorama di Gente che pur si lamenta per stipendi bassi, carovita etc..

   Consuetudini tipiche dei giovanissimi, ma non solo, scusatemi ma è la pura verità e nessuno può confutarla, proprio perché molte persone vivono tenendo il telefonino in mano, anche solo per consultare ciò che vi è registrato, come se già non lo conoscessero a memoria.

   Per non parlare della telefonata “al volo” della mamma che vuol sapere dov’è il figlio, come se dall’altra parte del microfono non si potesse barare, o dell’innamorato che assedia la sua metà con messaggi scemi ………

   E poi, chi si preoccupa più veramente del fatto che ogni telefonata, ogni SMS hanno un costo?

   Un po’ come per i carburanti, per l’uso della corrente elettrica, il caffè o cappuccino con brioche al Bar ….

   Certamente con questi chiari di luna si cerca di contenere anche queste spese, ma sempre in modo molto relativo, non certo privandosi del Servizio di cui comunque si fa uso ricordandosi dei suoi relativi costi solo quando bisogna aprire il portafogli per rinnovare la possibilità di mantenerlo attivo.

   E più i loro Gestori ti fanno sconti, o meglio, più ti convincono che ti stanno facendo sconti, più spendi.

   Tutte queste considerazioni le sto facendo tenendo accuratamente da parte il lato psicologico della questione, ossia del più che manifesto timore, di troppa Gente ormai, della solitudine, dell’incomunicabilità, della separazione, dell’isolamento dalle persone che ti possono dare l’illusione di esser cercato e amato, di poter spartire delle complicità e così via.

   E poi … ci si rifiuta pure di guardare in faccia il vicino di pianerottolo quando lo si incontra sulle scale di casa.

   Cerchiamo piuttosto di non dimenticarci mai di riempire la nostra esistenza con dei valori veri che, proprio in quanto veri, spesso ci chiamano al silenzio, alla pazienza e ad una vera ed attiva attenzione nei confronti del mondo circostante che non è mai fatto di “amicizie” o simpatie transitorie ed occasionali  ma di una presenza matura ed adulta che non ha nulla a che fare con quattro tastini strimpellati sul telefonino appena “ci scappa” di far pipì.

   Visto che il nocciolo della questione è sempre quello?

   Bisogna crescere, ma crescere veramente anche col cervello e col cuore e cercando di invecchiare il meno possibile.

   

   

  

  

Questo tumore maligno che alloggia in misura particolare nel cervello della stragrande maggioranza degli abitanti del nostro Bel Paese sta diventando ogni giorno che passa sempre più massiccio e pericoloso nei confronti delle sue conseguenze sulla vita comune, soprattutto quella lavorativa ed occupazionale.

Ognuno si sente Maestro di ogni cosa, ed è pure convinto delle sue competenze ottenute per grazia divina oppure grazie alla sua “inesauribile intelligenza”: l’umiltà è morta.

Si sente Gran Maestro di Scienze infuse, come si potrebbe sentire grande driver di auto da corsa un pecoraio che per prima cosa dopo aver vinto al Superenalotto si compera una Ferrari pure avendo cavalcato sino a quel giorno a dorso di un suo simile, il ciuco.

Poi se va a sbattere contro a un muro, non importa.

E se ha coinvolto qualche disgraziato senza colpe, ammazzandolo, o rovinandogli la vita per sempre, tutti pronti a scandalizzarsi, ma la cosa finisce lì, e intanto chi ci è andato di mezzo, paga.

Poi, i benpensanti, la crema della nostra Società produttiva, con ancora negli occhi le immagini di quel disastro annunciato, ficcano un marocchino a basso costo nella loro azienda a far qualcosa per cui non è preparato adeguatamente e prima o poi succedono altri casini.

Così è se Vi pare … diceva un certo Luigi Pirandello, sicuramente ormai molto meno noto di un Fiorello o di un Ligabue di passaggio.

E buona parte della colpa risiede nell’allargamento a macchia d’olio delle nuove tecnologie che consentono l’esecuzione di moltissime funzioni in un modo apparentemente facilitato che però cela dietro di sé processi complicatissimi ma attivabili con un semplice “Si” e spesso non disattivabili con un altrettanto semplice “no”.

Come per aver la Patente di guida e andare in giro con un’auto non è indispensabile conoscerne il funzionamento, anche quello di base, tanto c’è sempre il carro attrezzi pronto a intervenire anche solo se ti si è fulminata una lampadina, basta pagare per l’intervento….

Anni fa avevo documentato, con un filmato molto gradito dalle Ferrovie dello Stato, gli impianti della Cabina ACEI, che controlla elettronicamente il traffico dei treni dal Nord Italia sin verso alla Stazione di Bologna.

Per chi arriva a Milano in treno è quella costruzione metallica che si vede ai bordi dei binari sulla destra prima di entrare in Stazione.

E’ una costruzione piena di “bottoni”, ma anche se sono sempre loro a dare gli input tramite delle semplici tastiere, è tutto quello che c’è nei sotterranei che gestisce e smuove miliardi di tonnellate di scambi di acciaio.

Si tratta di apparecchiature impressionanti per dimensioni ed estensione, oltre alle migliaia di chilometri di cavi che convogliano i segnali ed attraversano la Cabina dai suoi piani più alti, scendendo a cascata in tutti i centri sotterranei dove si trovano ben celate e protette le stazioni di attivazione dei relais e riemergono man mano in superficie accanto a scambi, segnali, comandi secondari di ogni genere.

Altro che l’Enterprise!

Per dire … basta schiacciare un bottone … tutti ne sono capaci.

Che bisogno c’è di assumere un tecnico specializzato che ha i suoi costi quando anche Cita è in grado di premere su di un interruttore quando si accende una lampadina?

Stiamo vivendo nell’Era degli Apprendisti.

Difficilissimo trovar oggi lavoro se non ti presenti come apprendista!

Nella vita quotidiana noi siamo letteralmente circondati da ogni tipo di tuttologi: giusto e positivo saper improvvisare, ma ad ogni cosa c’è un limite.

L’Improvvisazione porta ineluttabilmente all’Approssimazione che è madre feconda dell’Imprecisione.

Ma si sa, dove c’è il sole caldo e il mare azzurro, ecchessaramai questo? come dicono a Roma, non sarà un problema…

E ciò è molto grave e pericoloso perché viviamo in un’Era in cui è sufficiente schiacciare un bottone per spazzar via dalla superficie del Pianeta millenni di Storia e di Cultura e ci fregiamo personalmente sempre di più, ogni giorno che passa e senza motivi validi, di capacità che non solo non ci competono ma il cui possesso NON può NON essere generato da seri studi, da continui aggiornamenti, da una cultura che come il seme più piccolo del Creato, quello dell’albero della senape, può raggiungere dimensioni inimmaginabili e che necessita di TEMPO per maturare e dare i giusti frutti.

Questo sogno di onnipotenza, a questo livello così sputtanato, nella mente della Gente è incredibilmente iniziato dalla Fotografia, con l’avvento sul mercato delle Nikon “intelligenti”, anche se i famosi “Venezia, faso tuto mi” sono sempre esistiti.

Si è creata una vera e propria dicotomia, uno squilibrio difficilmente colmabile tra la raggiunta facilità di utilizzo tecnico della fotocamera, unita alla possibilità di entrare con pochi soldi in possesso di uno strumento altamente tecnologico e i pilastri culturali, psicologici e sociali su cui dovrebbe appoggiare ogni immagine fotografica di livello superiore alla solita cartolina di paesaggio o foto delle vacanze.

Anche le foto del nostro gatto possono esprimere qualcosa, non c’è bisogno di scrivere la Divina Commedia ogni volta che si fa click.

Fissare fotograficamente una immagine è un modo per rivelarsi, di svelare come si vedono le cose o di come si vorrebbe vederle, un sistema come un altro per mettersi in discussione, per confrontarsi, per convincere, per mostrare, per insegnare e condividere …. perché no?

Invece ormai tutti, anche quelli che non se ne rendono conto e farebbero bene a darsi la sveglia, tutti sull’autostrada della globalizzazione ad utilizzare ciò che gli viene sussurrato come messaggio subliminale senza più preoccuparsi dei come, dei dove e dei perché ed a scattar foto a vanvera, né più nemmeno di come sono soliti esprimersi a parole.

Questo è solo un esempio delle nuove capacità e competenze “allargate”.

Vi ricordate i CB?

Accendevano il Baracchino. appena potevano. per dirsi solo … ciao amicone, 73 51 a te e al tuo QRA familiare … Maria, butta la pasta

Oggi ci sono i telefonini e fanno pure le foto e i film e li ricevono anche.

Su mille messaggi spediti, quanti hanno veramente un senso? Quanti sono necessari?

Cosa succede quando questo cordone ombellicale si spezza e non c’è più la mamma a mandarti un SMS con la soluzione del compito in classe?

Oggi sorgono grossi problemi quando, appena usciti dall’Asilo della Vita, ci si mette davanti ad un monitor e si incomincia a dover digitare da soli su di una tastiera o a muovere il mouse ma abusando del modernissimo concetto che tanto se si sbaglia, basta cancellare e ricominciare da capo: correggere e correggersi (per non sbagliare subito un’altra volta) non serve.

Poi, in linea di massima nessuno se ne accorge, nessuno sta lì a guardarti, non si fanno figuracce manifeste e nessuno ti sgrida o ti sbatte via a calci in culo dal posto di lavoro che non meriti mentre altri veramente capaci sono stati accantonati anche brutalmente.

Purtroppo questo sistema può funzionare solo sin quando il vostro terminale non è agganciato ad altri sistemi di cui deve gestire le funzioni e dove la percentuale di errore tollerata è 0,0 e se errore vi sarà, vedi BP,…….

Serietà, competenza, precisione, tutte cose a cui non siamo più abituati, perché chi ci avrebbe dovuto indottrinare e preparare correttamente non fa più bene il proprio mestiere.

Oltre alle illusioni gratificanti dei “Fai da te” (gratificanti sinché sei sempre e solo tu quello che ti giudica) non dimentichiamolo, 0 (Zero) … questa è la tolleranza che la Vita ti consente nelle cose veramente serie e importanti.

A questo punto subentrano poi anche altri fattori come il “senso di responsabilità”, una vera preparazione che vada anche oltre alle solite capacità tecniche di fare il conto della serva, le capacità di valutazione umana (e non quella freddamente aritmetica) della sommatoria dei parametri da seguire, dei codici da rispettare, della disponibilità negli impegni assunti e da portare a compimento sino all’ultima virgola …. ma ciò richiede un livello di Civiltà e di maturità anche culturale che a quanto pare langue un poco.

In poche parole, smettiamola di piantare cipressi lungo il nostro cammino, piante bellissime come Veline di Striscia che a guardarle ci rallegrano, ma inutili perché non fanno ombra sulla strada che dobbiamo percorrere sotto un sole impietoso come quello di questa Estate.

Facebook  non è un Social Network: tranne rare eccezioni è solo un gadget per persone che non hanno ancora compreso che la solitudine è un bagaglio che viene portato addosso solo da chi non è capace di vivere a fianco degli altri se non per chiedergli qualcosa affettivamente o anche molto di più, ma sempre e comunque per ricevere, mai per dare per primi.

Anche senza rendersene conto, in perfetta buona fede.

Ci si conosce per finta, con la complicità di foto degne di un provino di Hollywood che ben poco hanno a che fare con la realtà, ci si invaghisce l’uno dell’altro da perfetti sconosciuti che esprimerlo a parole è dolce come mai ti è capitato, è finalmente arrivato il grande evento della vita, la tua solitudine ne ha incontrata un’altra, dieci, cento, ci si fa il Telefono Amico a vicenda e poi, man mano che si piglia familiarità, qualcosa che già era in te comincia ad emergere e vuoi dare un calore, un odore, una sensazione tattile al tuo nuovo “amico”.

Non a caso  Facebook non è frequentato tanto da ragazzini quanto da novelli adulti o presunti tali, quarantenni, cinquantenni o giù di lì, e si sa, prima o poi il sesso reclama e così si torna a commettere i medesimi errori che ci hanno lasciati soli a metà della nostra vita solo perché ancora non si è stati capaci di superare gli egoismi e le ipocrisie che già hanno compiuto la loro impietosa selezione naturale lasciandoci soli come cani randagi a frugare nella rumenta di un vicolo buio.

Magia della Rete!

Pensare che questi nuovi “amici” se fossero stati incontrati per strada o sulle scale di casa propria non sarebbero stati degnati di uno sguardo, di un saluto.

Amico, amicoooo, in CB, la vecchia Citizen Band a 27 Megahertz, quella dei baracchini con cui si passavano intere notti a salutare gli “Amiconi”, 73-51, ricordate? Anche per cercare di cuccare, d’accordo ma quello, anche lì, era sempre il secondo passo ….

Certi riti non cambieranno mai, certe persone, apparentemente  normali, piuttosto che riconoscere i propri errori comportamentali si farebbero ghigliottinare, ed ora c’è la nuova pattumiera, Facebook, che offre i medesimi servizi e le medesime coperture.

Guardate che lo so bene che alcuni di voi hanno trovato l’anima gemella con questo sistema, ma voi eravate o siete ancor giovani e la cosa, anche se per culo, lasciatemelo dire, o per Provvidenza Divina, ha potuto funzionare.

Ma quando ci si mettono gli adulti in questo gioco, innanzi tutto se ci si sono messi è perché non avevano niente di meglio da fare, oppure erano “alla frutta” nel reparto indirizzi della propria agendina, oppure perché  Facebook è sempre un territorio di caccia, sia per maschi che per femmine, che per tutto l’arcobaleno delle preferenze sessuali, oppure, e questo è veramente grave, non avevano più nessuno che li volesse stare ad ascoltare perché ormai avevano veramente “rotto” in ogni direzione, cosa, non sta bene a dirlo.

Facebook o il suicidio?

Va bé, meglio  Facebook, ma fate una bella scorta di “Foil”,  giù in Farmacia, ottimo per scottature anche gravi.